it’s a small world after all

Ieri alla riunione plenaria per gli esami di stato, quelli che io mi ostino a chiamare la maturità, ho scoperto di essere in commissione (in una delle mie due commissioni, perché devo accontentare entrambi i miei gemelli zodiacali e lavorare “per uno” non mi ha mai divertito…) con un’amica del primo mitico anno di ruolo.

Correva l’anno scolastico 1985-86. Un paio di anni prima si erano riaperti i concorsi e – mio malgrado, occorre affermarlo – mi ero trovata iscritta e poi inconsapevole vincitrice (su 1500 iscritti ebbe il posto più o meno il 5.5% dei candidati) – di una cattedra assegnata d’ufficio; allora piansi qualche lacrima al pensiero della fine della mia “libertà”, e fu la promessa del mi’ babbo di “mandarmici a calci nel sedere” che mi fece salire più felice sul treno che tutti i giorni mi avrebbe portato in Alta Val di Susa.

Su quel treno viaggiavamo in tanti, novelli prof di svariate materie, e anche qualche preside che condivideva lo scompartimento, la fatica e probabilmente l’emozione. Avevo 29 anni e mi sentivo incredibilmente vecchia per essere solo allora approdata al posto fisso (ah beata gioventù! ah humanity!). In più di uno scompartimento è sbocciata un’amicizia di viaggio e anche qualche amore. Se non ricordo male quell’anno lei conobbe sul treno il suo futuro marito. Io il mio dovetti andarmelo a cercare ad un concorso a Genova, ma come Dio volle prima della fine di quell’anno scolastico mi ritrovai prof ordinario e moglie, temo, tutt’altro che straordinaria, a giudicare da come si concluse quella parte della vicenda una decina di anni dopo…

Al momento in cui la foto di cui sopra venne scattata però non lo sapevo ancora. Era il 30 maggio, gli scrutini alle porte, quel pomeriggio di venerdì piovve anche un poco (sposa bagnata sposa fortunata… né di Venere né di Marte ci si sposa o si parte?!?), ma io ero MOLTO felice, decisa a divertirmi assai in quel momento e nel tempo a venire. In capo a due mesi sarei partita per un Master’s negli USA, abbandonando il trenino della montagna e anche le nuove amicizie che peraltro avevano già chiesto il trasferimento in posti meno scomodi. A detta di chi rimase, pare che l’allegra atmosfera di quell’anno non si sia mai più ripetuta…

Passano gli anni e 22 sono certo lunghi, eppure ci siamo riconosciute alla plenaria, lei la testa leonina in alto, la settima partendo da destra, io l’abito rosso in basso, la settima partendo da sinistra: adoro la simmetria della vita!